C'era una volta il conflitto di interessi, o perlomeno il rischio di conflitto. Era il 1994: Berlusconi scese in campo con tutta la potenza del proprio impero e la sinistra si preoccupava di possibili leggi ad personam e ad aziendam, mentre il Cavaliere prometteva di vendere tutto entro pochi mesi. Sappiamo com'è andata a finire e sappiamo anche che Silvio ha fatto scuola: sarà un caso quello del premier Monti che fissa, magnanimo, un tetto all'imposta sui maxi conti-deposito proprio mentre di questi conti ne ha uno tutto suo, ma mi inquieta il pullulare di migliaia di uomini di partito che sono amministratori pubblici e anche manager privati, contemporaneamente o scegliendo una fase alla volta, quasi sempre con intrecci preoccupanti.
Ci chiediamo come mai nessuno rispetta il referendum sui servizi pubblici, dato che basterebbero poche regole semplici per evitare debiti e sprechi, anziché svendere ad aziende private o presunte tali? Può darsi che sia dovuto al fatto che questi "privati" siano uomini dei partiti, o comunque legati ad essi?
Per esempio, l'azienda che gestisce il pacchetto azionario privato dell'azienda dell'acqua a Livorno, Iren s.p.a., ha come Vice-Presidente nientemeno che un consigliere regionale del PDL in Emilia-Romagna, che è anche - fantastico! - amministratore di tre società controllate da Iren.
Poi c'è Hera s.p.a. che vorrebbe, insieme alle cooperative, partecipare agli appalti per i mega-inceneritori in Toscana: un colosso "privato" i cui vertici pare siano espressione della corrente prodiana e di quella d'alemiana del PD: rispettivamente hanno Presidente e Amministratore delegato. Allo studio ci sarebbe anche un patto con Acea s.p.a., che tra i suoi azionisti può vantare Gaetano Caltagirone, suocero del leader UDC Casini.
Di fronte a questi scontri e incontri tra titani, non sfigurano i casi da strapaese, diciamo caserecci, che nascono dalle nostre parti: amministratori pubblici i cui Enti trattano con aziende private oppure le autorizzano a costruire o fare qualcosa, dopodiché vanno a lavorare con quelle stesse aziende. Dalla cava di Limoncino a Livorno, alle pale eoliche di Pontedera, fino alla discarica di Peccioli e chissà cos'altro.
In questo turbinare di incarichi e poltrone d'oro per caste feudali urbane e rurali, c'è ancora spazio per l'interesse pubblico oppure tutto si sistema aumentando le bollette, le tasse e i debiti contratti con le banche (alcune di esse pure lottizzate dai partiti)?
Mi sentirei di suggerire umilmente al Governo, anziché lo smantellamento dei diritti e dello stato sociale, una semplice legge che almeno proibisca, come nei paesi civili, ad un politico ed ai suoi familiari di lavorare per o con società private di cui si occupa o si è occupato come amministratore pubblico. Ma forse, visto l'andazzo poco incoraggiante, sarebbe fiato sprecato...
Andrea Romano - Coordinatore provinciale IDV Livorno

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