mercoledì 8 agosto 2012

DI PIETRO CRITICA NAPOLITANO? FA BENISSIMO E I FATTI GLI DANNO RAGIONE



E' la moda dell'estate 2012: accusare Antonio Di Pietro di chissà quali fantomatici attacchi e provocazioni contro il Presidente della Repubblica Napolitano, ogni volta in cui il leader dell'IDV ne critica legittimamente le azioni e le dichiarazioni.
Sembra proprio che per l'establishment poltico che regge il governo Monti (creatura di "Re Giorgio", come lo chiamano gli americani) sia proibito criticare il Capo dello Stato. Alcuni nel PD ne fanno addirittura una questione di cesura rispetto al possibile dialogo, dimentichi degli attacchi all'allora Presidente Cossiga da parte del PCI, che con Luciano Violante ne chiese addirittura la messa in stato d'accusa. 
Per non parlare della cagnara che il Polo di destra (Forza Italia, Alleanza Nazionale, CCD, che oggi si chiamano PDL e UDC) scatenò contro il Presidente Scalfaro, reo di aver consentito il "ribaltone" Lega-PDS contro il primo governo Berlusconi.
Ma tant'è, l'unico che non può criticare il Quirinale pare sia Antonio Di Pietro, anche se di cose da dire ne avrebbe. Non solo sull'operato da Presidente, ma anche sul percorso politico di Napolitano, che è utile ricordare proprio perché qualcuno tenta di santificarne la figura (ovviamente per la propria convenienza del momento): dagli scontri con Berlinguer nel 1981 sulla "questione morale" (che secondo Napolitano esponeva il PCI al rischio di settarismo e isolamento), alla decisione nel 1993 di sbarrare la strada (come Presidente della Camera) ai magistrati di Milano durante Tangentopoli, quando costoro chiesero copia dei bilanci dei partiti, fino alle critiche che gli piovvero addosso quando nel 1998, da Ministro dell'Interno, fu accusato di non aver fatto sorvegliare adeguatamente Licio Gelli, il quale fuggì all'estero il giorno in cui la Cassazione lo condannò per depistaggio e strage.
Lo stesso predecessore Carlo Azeglio Ciampi lo ha criticato per la frettolosa firma di promulgazione del Lodo Alfano, poi dichiarato incostituzionale. Napolitano firmò anche il legittimo impedimento (poi risultato anch'esso parzialmente illegittimo), lo scudo fiscale, il decreto Mastella per distruggere i dossier della security Telecom, la c.d. legge "salva Pollari" e così via.
Si arriva a questi giorni, dove il Presidente non solo interviene energicamente nel dibattito politico, come se giocasse la partita e non ne fosse arbitro (se la Costituzione ha ancora un senso...), ma sembra chiudere gli occhi di fronte al continuo ricorso del Governo al voto di fiducia (contro ogni regola) e si oppone anche - sollevando un conflitto di attribuzione - all'operato della Procura di Palermo sull'inchiesta riguardante la trattativa Stato-mafia, dopo la scoperta di alcune intercettazioni tra l'ex-Ministro Mancino e i palazzi del Quirinale. Da qui le critiche a Napolitano anche da parte dei familiari di Paolo Borsellino e di altri eroi della lotta alla mafia.
Ma non sono certo questi i problemi della nostra democrazia. Neanche quelli riguardanti la crisi economica, almeno a giudicare dagli scarsi risultati prodotti dal Governo Monti, tanto caro al Presidente. Il problema dei problemi si chiama Antonio Di Pietro, per un suo vecchio vizio così mal tollerato nel paese della corruzione e del malaffare: chiamare le cose con il loro nome e giudicare in base ai fatti anziché alla vuota retorica delle parole.

Andrea Romano - Coordinatore Provinciale IDV Livorno

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