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| Lorenzo Del Lucchese |
MOZIONE
Il Consiglio Comunale
premesso che:
- il primo trimestre del 2011 ha fatto registrare un grande fermento politico e sociale che ha attraversato tutto il Medio Oriente e il Maghreb;
- contro i regimi autoritari dei paesi arabi, si sono verificati significativi moti popolari che, accesisi in Algeria, si sono tumultuosamente estesi in Tunisia, con conseguente caduta e fuga del Presidente Ben Alì, in Egitto, con le inevitabili e sofferte dimissioni del Presidente Mubarak, in Bahrain, nello Yemen; contestualmente si sono verificate rivolte anche in Libia, dove purtroppo la crisi in questo momento risulta essere molto più grave;
- a una prima avanzata degli oppositori storici al regime di Gheddafi in Cirenaica, i quali avevano conquistato le città di Bengasi, al Zawiya, Misurata, Ras Lanuf, Tobruk, Brega, Zuara, si è dovuta registrare la feroce reazione delle forze di sicurezza fedeli al governo grazie anche all’aiuto di milizie mercenarie provenienti da altri paesi africani, probabilmente ciadiani e ugandesi e all’impiego di armi anche pesanti, con un pesante bilancio di vittime non ancora stimabile per la difficoltà di avere notizie attendibili;
- già lo scorso 27 febbraio il Consiglio di Sicurezza dell’Onu aveva approvato all’unanimità la risoluzione 1970/2011 con l’adozione di misure contro Muammar Gheddafi e i suoi sodali: il blocco di tutti i loro beni all'estero, il divieto di viaggio e l'embargo di vendita di armi; il primo ministro canadese Stephen Harper prontamente annuncia il congelamento dei beni di Gheddafi e della sua famiglia e di tutte le transazioni finanziarie con il governo e le altre istituzioni libiche, compresa la banca centrale, lanciando un appello al leader libico affinché ''metta fine al bagno di sangue'' e si dimetta;
- la situazione comunque precipita in quanto la violenta reazione militare delle forze governative libiche, attraverso ripetuti bombardamenti dell’aviazione sulla popolazione civile, scuote la comunità internazionale che solo a questo punto, tra ritardi e indecisioni, si muove alla ricerca di una soluzione con la convocazione di riunione dei ministri degli Esteri del G8 a Parigi, imperniata soprattutto sull'imposizione di una No fly-zone sulla Libia, sulla quale non tutti però convergono;
- il 17 marzo 2011 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approva un’altra risoluzione, la 1973/2011, sulla Libia, con il voto favorevole di 10 Paesi: Francia, Gran Bretagna, Usa, Bosnia, Gabon, Nigeria, Sudafrica, Portogallo, Colombia e Libano e l’astensione di Russia, Cina, Germania, Brasile e India; la risoluzione autorizza l'applicazione di una No fly zone sulla Libia e acconsente che siano messi in campo '”tutti i mezzi necessari” per proteggere i civili dalle forze del leader libico Muammar Gheddafi; l'Unione europea, con un comunicato congiunto della rappresentante per la politica estera, Catherine Ashton e del presidente permanente, Herman Van Rompuy, si dice pronta ''a mettere in pratica'' la risoluzione dell'Onu sulla Libia;
- le commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato hanno approvato il 18 marzo con voto bipartisan la risoluzione che dà mandato al governo ad agire in base alla risoluzione dell'Onu sulla Libia; la risoluzione autorizza il governo a mettere in campo le misure necessarie a proteggere i civili e la concessione dell'uso delle basi militari in territorio italiano, in piena adesione alla risoluzione 1973 dell'Onu sulla Libia;
- è scattata l’operazione "Odissey Dawn" (odissea all'alba), cui partecipano al momento Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti: sono almeno 110 i missili da crociera Tomahawk lanciati su una ventina di obiettivi sensibili del Colonnello: batterie contraeree e depositi di carburante. Italia e Canada, gli altri due membri della coalizione internazionale, non hanno ancora preso parte attivamente ai raid, ma il nostro Paese, tuttavia, sta fornendo un importante supporto logistico attraverso la messa a disposizione ben sette basi militari; la Lega degli Stati Arabi ha comunicato la propria contrarietà a questi attacchi avendoli ritenuti eccessivi, anche se aveva dato il via libera a favore di una No fly zone;
- l’azione militare in corso, intrapresa dalla “coalizione di volenterosi” (coalition of the willing), qualora non dovesse mantenersi nei limiti consentiti dalla risoluzione 1973, potrebbe risultare illegittima;
- il collasso del regime del colonnello Gheddafi potrebbe avere per il nostro Paese importanti riflessi: l'anno scorso, infatti, la Libia è stato il nostro primo fornitore di petrolio e il quarto di gas; investitori libici sono attivi in diversi settori strategici della nostra economia; l'Italia si è impegnata a versare alla Libia 5 miliardi di dollari in 20 anni, formalmente a titolo di risarcimento per le efferatezze del nostro colonialismo, di fatto a sostegno delle opere infrastrutturali che impegnano nostre imprese sul suolo libico (impegni che afferiscono al Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia firmato a Bengasi il 30 agosto 2008, entrato successivamente in vigore il 2 marzo 2009) e per il controllo dei flussi migratori;
- la crisi in questa parte del Mediterraneo sta già provocando e continuerà a provocare una crescita degli sbarchi verso le nostre coste, corridoio storico per l’accesso e il transito verso l’Europa, la quale è parsa balbettante e reticente, quando non indifferente al problema; e non da meno si è comportato il Governo italiano che non ha esercitato alcuna pressione, come Paese mediterraneo, per rendere più definita e assertiva la posizione europea, e per di più, come è noto, ha ritardato a esprimersi nel merito di ciò che di drammatico stava accadendo, in particolare sul versante libico, proposto addirittura a modello per il mondo arabo e islamico;
- l'Italia non solo è uno dei principali partner commerciali della Libia, ma è il maggiore esportatore europeo di armamenti al regime di Gheddafi; i rapporti dell'Unione europea sulle esportazioni di materiali e sistemi militari certificano che nel biennio 2008-2009 l'Italia ha autorizzato alle proprie ditte l'invio di armamenti alla Libia per oltre 205 milioni di euro che ricoprono più di un terzo (il 34,5 per cento) di tutte le autorizzazioni rilasciate dall'Unione europea (circa 595 milioni di euro);
chiede al Governo di:
- prevedere la revoca immediata del trattato bilaterale ratificato dall’Italia nel febbraio 2010 ;
- sospendere l'esportazione di armi agli apparati militari libici sia in applicazione della risoluzione Onu 1970 sia del paragrafo 13 della risoluzione 1973, che ne ha rafforzato la portata;
- chiedere al regime libico la cessazione immediata delle violenze e il pieno rispetto dei diritti umani e civili;
- dare attuazione completa e corretta alla risoluzione Onu 1973 garantendo il rispetto dei limiti di mandato ivi contenuti;
- provvedere tempestivamente a informare il Parlamento chiedendone, ove prevista necessaria, l’approvazione parlamentare;
- garantire l’attuazione stretta e rigorosa della risoluzione Onu 1973 nel pieno rispetto dell’articolo 11 della Costituzione;
- farsi promotore dell’avvio di un dialogo tra le parti in conflitto per favorire, con tempi e modalità concordate, la transizione verso lo stato di diritto e la democrazia;
- analogamente, di promuovere, di concerto con i partners europei, con i nostri alleati e con il pieno appoggio della Lega araba, iniziative per una soluzione pacifica e diplomatica della drammatica situazione.
Consigliere Comunale Livorno

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