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| Andrea Romano |
La vicenda della discarica del Limoncino, autorizzata dalla Provincia di Livorno, si tinge sempre più di giallo, man mano che emergono i particolari del procedimento con cui si è arrivati alla presentazione di tale progetto all'opinione pubblica. L'autorizzazione è stata concessa nel 2008, quando l'Italia dei Valori non faceva parte della maggioranza nell'Amministrazione Provinciale di Livorno, con un procedimento tutto interno agli uffici burocratici e senza nessun passaggio pubblico nelle Giunte e nei Consigli del Comune e della Provincia, trasformando l'idea originale del ripristino ambientale dell'ex-cava del Limoncino in un progetto di discarica per centinaia di tipologie di rifiuti industriali, compresi fanghi e ceneri di inceneritori. Nell'estate 2010 la cosa diventa di pubblico dominio, con l'Italia dei Valori che prende immediatamente le distanze dal progetto, seguita dal gruppo consiliare di SEL in Comune e dalla sezione PD della zona in cui dovrebbe sorgere la discarica. Si forma un combattivo comitato di residenti, a cui l'IDV dimostra subito il proprio convinto appoggio. Risibili le giustificazioni portate dai responsabili, come quella di un'accresciuta necessità di impianti di smaltimento visto l'aumento della produzione di rifiuti industriali sul territorio. In realtà, anche a causa della crisi economica, la produzione di rifiuti livornesi è calata, quindi verrebbero presumibilmente stoccati anche quelli prodotti altrove e "lavorati" in zona, con lo stesso "trucco" utilizzato in Campania (con i risultati che sappiamo). La protesta generalizzata ha spinto Comune e Provincia a fare retromarcia, approvando una delibera in cui si raccomanda alle Giunte di aprire una trattativa col proprietario, per limitare lo stoccaggio a rifiuti innocui quali terre e materiale edile. Nel frattempo la magistratura ha aperto un'inchiesta. L'Italia dei Valori si è poi impegnata nella redazione di un documento della Commissione Ambiente della Provincia, nella quale si sollevano gravi perplessità riguardanti il procedimento autorizzatorio e le valutazioni tecniche e politiche fatte all'epoca dell'autorizzazione, relazione consegnata alla Procura della Repubblica dallo stesso Presidente della Provincia. E' il momento di fermarsi e di dimostrare buon senso: non saranno le minacce della proprietà, nè il clima oggettivo di tensione che si vive a Limoncino, a farci retrocedere dalla richiesta di un ripensamento di tutto il progetto, perchè non venga salvaguardato solo il profitto dei privati ma anche e soprattutto la tutela dell'ambiente, del paesaggio e della salute dei cittadini.
Andrea Romano
consigliere comunale Livorno
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